Un matto vicino al confine, un vecchio rifugiato sentimentale. Io sono colui che aspetta la fine. Granello in un oceano di sale. trigpim

venerdì 6 gennaio 2012

Inizio


In qualche modo dovrò pur iniziare… lo scrittore si arrovellava davanti un pezzo di carta stupidamente bianco. Si perdeva in pensieri inutili, giochicchiava con le dita nell’aria creando mondi e personaggi…ma si seccava a scriverli.
Scriverli come? Troppe catene ovunque. Quando scrivi…si diceva, devi sentire il flusso delle parole e fare solo da tramite, saranno loro a scriversi, saranno loro a dettare le basi, senza bisogno di correzioni immediate e eccessiva attenzione.
Tutt’ad un tratto, un po' se ne era accorto, ma fece finta di no con se stesso, sentì l’ispirazione come una folata calda.
Il suo indice cominciò a scurirsi e a diventare sempre più appuntito. Tracciò simboli sulla carta mentre pensava a lei: uno scrittore, si ripeteva dopo averlo letto da chissà quale poeta, deve avere sempre un amore a cui ispirarsi.

-Non ho voglia di pensare.-
Devi sforzarti. Non possiamo stare qui tutto il pomeriggio.
Kasan sbuffava col mento posato sul palmo della mano. I tavoli della biblioteca dell’accademia erano colmi di giovani in quella posizione.
La ragazza gli diede uno strattone facendolo scivolare col busto sul legno scuro del vecchio scranno.
E dai!
Ti pregooooo…basta studiare…
Dobbiamo finire la ricerca
Pausa. Pausa pausa. Disse Kasan alzandosi. Stiracchiò la schiena gattosamente.
Kilyr lo squadrò da sotto gli occhialetti.
Sedieti.
Ehm…
Subito.
Ok…
La biblioteca era piena anche di quello.
Era piccola e magra col naso aquilino. Pallida, anzi candida, lentiggini sotto gli occhi e capelli ricci rossastri intrecciati con nastri e perline. Lui la guardava imbronciato e con gli occhi cadenti. Sonnecchiava sui libri ogni tanto, a volte solo per farla seccare, anche se in realtà lei non si seccava, ogni tanto gli dava una carezza tra i capelli e continuava a studiare. Allora lui sorrideva senza farsi vedere e il pomeriggio passava così. Pur di non studiare immaginava di volare. Immaginava il suo potere sopito. Kilyr non ce ‘aveva, lei era una senza poteri, ma questa è un’altra storia. Correva di brutto con la mente, e nei suoi occhi bruni si riflettevano le sue avventure. Sbadigliò vistosamente provocando il fastidioso shhhhhhh dell’amica. Si tolse una ciocca bruna dalla fronte ed estrasse uno strano tubo multicolore dal fondo di una delle tasche dei suoi pantaloni sbrindellati. Adorava quei pantaloni perché erano enormi e poteva metterci un mucchio di cose. Certo quando camminava facevano un tantinello di rumore tintinnoso, ma dopo un po' ci si era abituato.
Drogato
Non è vero! Ma se guardare la luce equivale drogarsi allora io sono il peggiore tossico dell’universo
Portò il caleidoscopio all’occhio destro e cominciò a perdersi nei colori.

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